Indietro tutta: prima gonfia il petto a suon di "non ho paura", poi rifiuta di confrontarsi con Carlo Nordio in televisione sul referendum. È completata la retromarcia di Cesare Parodi, in prima linea contro la consultazione sulla separazione delle carriere ma contrario al dibattito con il ministro della Giustizia. Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati in una nota fa sapere che, dopo una "attenta riflessione" condivisa con i colleghi, non ritiene "opportuna" una sua partecipazione alla discussione pubblica con il Guardasigilli.
Il motivo? Secondo Parodi, si tratterebbe di "una rappresentazione plastica, direttamente percepibile - e come tale fuorviante e strumentalizzabile - di una contrapposizione politica fra il governo e la magistratura, che non trova riscontro nella realtà". Ma il passo indietro viene dipinto come un "sacrificio personale", perché il presidente dell'Anm specifica di credere molto nella rilevanza dei confronti. Peccato che si sia tirato indietro dal faccia a faccia con il ministro Nordio.
Insomma, secondo Parodi è giusto che i cittadini italiani debbano essere informati delle ragioni del Sì e del No rispetto alla riforma sulla separazione delle carriere, purché non si avvalori l'ipotesi - anche e soprattutto a livello di immagine - di una magistratura associata che si contrappone politicamente al governo. "Non è così e nessuno deve essere indotto, anche indirettamente, a crederlo. Un eventuale confronto potrebbe avallare questa tesi e distogliere l'attenzione dei cittadini dal merito della riforma", spiega il leader dell'Associazione nazionale magistrati. Infatti sarà stata per caso l'Anm a lanciare il Comitato per il No in una sala della Cassazione? Saranno state per caso le toghe a scendere in piazza agitando la Costituzione?
E pensare che lo stesso Parodi solo pochi giorni fa, precisamente sabato 8 novembre, aveva mostrato i muscoli: "Non ho paura di un confronto perché sono convinto delle nostre ragioni". Intervenuto a margine del Consiglio direttivo centrale a Roma, aveva innanzitutto dichiarato che una sua presenza sarebbe stata un "dovere di rispetto istituzionale", perché "sarebbe difficile dire di no al ministro".
E aveva già pensato a una modalità operativa per affrontare il duello tv: a qualunque domanda avrebbe risposto con le ragioni tecniche che portano l'Anm a non condividere la riforma, e quindi non sarebbe stato lì come rappresentante di una forza politica, "perché noi non siamo e non possiamo essere una forza politica, il nostro statuto ce lo vieta espressamente". Ma il problema non si pone, visto che scappa dal dibattito.