Lady Diana, la sua vita in cinque oggetti iconici

La breve esistenza della principessa del popolo raccontata dagli oggetti a lei più cari, che l’hanno resa un mito

Lady Diana, la sua vita in cinque oggetti iconici

Gli oggetti possono raccontare moltissimo di una vita. Se, poi, sono appartenuti alla principessa più famosa del mondo, rappresentano una vera e propria miniera di informazioni. La storia di Lady Diana non è fatta solo di eventi, date, azioni e reazioni, ma anche di cose materiali che hanno contribuito alla nascita del suo mito, costruito la sua immagine iconica. Quegli stessi oggetti sono diventati pezzi di Storia britannica, ma anche frammenti di una storia più intima e personale. Abiti, gioielli, accessori, oggetti di uso comune sono stati una sorta di “testimoni” muti dell’esistenza di Diana, dei suoi pensieri e delle sue emozioni.

Scarpette da ballo

La piccola Diana aveva un sogno: diventare una ballerina professionista. La danza la faceva sentire libera. Si impegnò nello studio della tecnica di ballo, ma ben presto divenne chiaro che la sua notevole altezza, circa 1,78 centimetri, non le avrebbe consentito una carriera da étoile. Dovette abbandonare i suoi propositi, ma non lasciò la danza. Anzi, continuò a seguire e a sostenere l’English National Ballet anche dopo il matrimonio con l’allora principe Carlo. “Quando la incontrai per la prima volta si notava in lei una grande timidezza” , disse al Sun la sua insegnante Anne Allan, conosciuta nel 1981. “Col tempo…notai quanto la danza significasse per lei. Ce l’aveva nell’anima…”.

Quella disciplina riusciva, come per magia, a distogliere la sua mente dai problemi, mai del tutto risolti, di un’infanzia non proprio semplice, a partire dal rapporto con sua madre, Frances Shand Kydd. Dopo aver avuto due figlie Frances, moglie di Edward John, VIII conte Spencer, sperava di avere un maschio. O meglio, la famiglia faceva pressione affinché mettesse al mondo il bambino che avrebbe ereditato il titolo. Il primo luglio 1961, invece, nacque Diana. La delusione fu grande. Nel suo libro “Diana. Her True Story”, Andrew Morton rivela: “[Frances] venne mandata in diverse cliniche in Harley Street, Wimpole Street…”, per riuscire ad avere il tanto sospirato “erede maschio sano”. “[Frances] provava un senso di colpa, sentiva, in un certo senso, di aver fallito, ma naturalmente non era così perché, come sappiamo ora, il sesso del bambino è determinato dall’uomo, non dalla donna”.

Secondo Morton “ci fu grande sconcerto perché erano tutti ansiosi di avere un maschio. Fino al giorno della sua morte Diana pensò di essere una bambina non voluta”. I suoi genitori ebbero Charles nel 1964, ma il loro rapporto era ormai deteriorato, “avvelenato”, lo definisce Morton. Si lasciarono nel 1967. La loro separazione, ha dichiarato Angela Levin all’Express, ebbe “un effetto profondo” su Diana. “Lo ricordava sempre e ciò la intristiva. La faceva sentire insicura”. La sua famiglia era a pezzi e, benché fosse fuori discussione la possibilità di appendere le scarpette da ballo al chiodo, il suo sogno di diventare ballerina era diventato una chimera.

L’anello di fidanzamento

Per Diana l’anello di fidanzamento, uno zaffiro di Ceylon da 12 carati di Garrard e circondato da 14 diamanti, rappresentò un nuovo capitolo della sua vita, la speranza che tutta la sofferenza provata in passato potesse dissolversi nell’amore di un principe. Il 24 febbraio 1981 l’allora erede al trono britannico Carlo e Diana annunciarono ufficialmente la loro intenzione di sposarsi. La futura principessa si lasciò fotografare con l’anello al dito, consapevole e forse anche un po’ orgogliosa di aver infranto una tradizione reale: infatti aveva scelto l’anello, il cui design è ispirato a una spilla del 1840 donata dal principe Alberto alla regina Vittoria, su un catalogo.

Chiunque avrebbe potuto acquistarlo, avendo a disposizione 60mila dollari. Di solito, invece, le royal chiedono ai gioiellieri creazioni uniche e su misura. “L’anello era in linea con l’insistenza di Diana [nel voler] creare la sua narrativa all’interno della royal family”, scrive Town & Country Magazine. La principessa voleva ritagliare un ruolo tutto suo a corte. Ci sarebbe riuscita, ma avrebbe dovuto pagare un prezzo alto: diventare una outsider a Palazzo, a volte guardata anche con sospetto da chi non riusciva a definire, quindi neanche a imbrigliare il suo eccezionale carisma.

La Spencer Tiara

Il 29 luglio 1981 Lady Diana sposò l’allora principe Carlo nella Cattedrale di St. Paul. Per l’occasione non scelse uno dei diademi del Tesoro reale, bensì un gioiello di famiglia, la Spencer Tiara. La principessa lo scelse come omaggio ai suoi antenati: la tiara venne realizzata nel 1937 e include un cuore centrale creato in occasione del matrimonio della nonna di Diana, Lady Cynthia Hamilton, nel 1919. Doveva essere un gioiello di buon auspicio, perché le donne Spencer lo hanno indossato spesso nel giorno delle loro nozze. Non fu così per la principessa: al momento del “sì” sarebbe già stata a conoscenza della relazione tra Carlo e Camilla. Andrew Morton ha raccontato che Diana avrebbe casualmente trovato un braccialetto con le iniziali dei nomignoli degli amanti, cioè Gladys e Fred.

Nelle registrazioni consegnate all’autore nel 1992 Lady D. confessò: “Qualcuno mi rivelò che Carlo aveva commissionato un bracciale per Camilla, una catena d’oro con un disco smaltato blu e le iniziali G e F intrecciate. Un giorno entrai nell’ufficio di Carlo, vidi un pacchetto…mi sconsigliarono di aprirlo, ma lo feci lo stesso”. Dentro c’era il gioiello: “Mi dissero che Carlo lo avrebbe regalato a Camilla quella sera. Rabbia, rabbia, rabbia!”. La principessa pensò anche di annullare il matrimonio, ma le sorelle l’avvertirono: “Ormai il tuo viso è stampato sulle tazze da tè”. Secondo il Mirror Carlo avrebbe perfino confessato a Diana, la sera prima delle nozze, di non amarla, ma di aver obbedito alla ragion di Stato. Troppo tardi per tornare indietro.

Il “Revenge Dress”

Con quelle premesse l’unione di Carlo e Diana non poteva durare. Il 9 dicembre 1992 venne ufficializzata la separazione, il divorzio arrivò il 26 agosto 1996. Tra queste due date ce ne è una che segnò il momento della rinascita di Lady Diana, l’istante esatto in cui la crisalide diviene farfalla: il 29 giugno 1994. Quel giorno, in un’intervista a Jonathan Dimbleby Carlo confessò la sua infedeltà, sottolineando di aver tentato di far funzionare il suo matrimonio “fino a quando non si è irrimediabilmente spezzato tutto”. Lady Diana sapeva dell’intervista e cercò un modo per ribattere senza usare le parole. Serviva qualcosa che scuotesse il pubblico, ma con classe ed eleganza.

La raccolta fondi a cui doveva partecipare quella sera stessa era l’occasione perfetta. Era stata organizzata da Vanity Fair alla Serpentine Gallery di Londra, in Hyde Park e ci sarebbe stata tutta la Londra che contava. La principessa avrebbe dovuto indossare un abito di Valentino, ma all’ultimo cambiò idea, scegliendo una creazione della stilista greca Christina Stambolian che in passato aveva giudicato “troppo audace” per gli impegni ufficiali.

L’abito, nero, aderente, con spacco laterale, décolleté “a barca”, lasciava braccia e gambe scoperte, violando il dress code reale. Era perfetto per il messaggio di rinascita che voleva lanciare Diana. Il vestito sarebbe stato ribattezzato “Revenge Dress” (il Vestito della Vendetta) dalla stampa e sarebbe diventato il simbolo della libertà della principessa, ma anche della sua maturità. Diana non era più la ragazza bisognosa d’affetto che rimaneva in un angolo a disperarsi per i tradimenti di Carlo, ma una donna indipendente che aveva imparato a scegliere ciò che era più giusto per lei.

Lo stilista David Sassoon, amico di Diana, disse: “C’è stato un cambiamento enorme rispetto alla timida ragazzina che inizialmente avevo vestito e questa donna così glamour”, spiegando che l’abito aveva avuto un ruolo importante in quel cambiamento, ma altri elementi avevano decretato il successo di Lady D.: “È il suo sorriso, la sua sicurezza e le spalle scoperte che rendono queste foto così memorabili. È radiosa, felice, aveva perso il titolo di Sua Altezza Reale, ma aveva fatto decisamente bene a lasciare ‘l’azienda’”.

L’anello Repossi

Purtroppo Lady Diana non avrebbe avuto il tempo di consolidare la sua nuova immagine. Il 31 agosto 1997 morì in un terribile incidente nel Tunnel dell’Alma, a Parigi, insieme al fidanzato, il miliardario egiziano Dodi al-Fayed. Su questa morte si è scritto, come si dice, “tutto e il contrario di tutto”. Ancora oggi rimangono delle zone d’ombra sul periodo intercorso tra l’urto della Mercedes nera su cui viaggiava la principessa, avvenuto a mezzanotte e venticinque circa e la morte alle quattro del mattino. Ma c’è anche un altro mistero relativo alla vera natura della liaison tra Diana e Dodi. I due stavano davvero insieme, oppure Lady D. si servì del miliardario egiziano per far ingelosire il suo presunto vero amore, il cardiochirurgo pakistano Hasnat Khan? In questo enigma gioca un ruolo fondamentale l’anello di fidanzamento che Dodi avrebbe regalato a Diana. Per qualcuno, infatti, quel gioiello non sarebbe mai esistito.

Eppure il 30 agosto 1997 al-Fayed si sarebbe recato nella gioielleria Repossi, a Place Vêndome, dove è situato anche l’Hotel Ritz e avrebbe acquistato l’anello della collezione “Dis-moi Oui”. Dodi, però, non avrebbe portato via con sé il gioiello, ma avrebbe chiesto che gli venisse recapitato in albergo. Il gioielliere Repossi ha svelato il mistero della “dinamica”, chiamiamola così, di questo acquisto: “[Diana e Dodi] erano in crociera nel Mediterraneo, attraccarono a Monaco e la principessa arrivò alla vetrina della nostra boutique accanto all’Hotel Hermitage. Senza entrare indicò un anello che l’aveva catturata, della collezione Dis-moi oui. Poi mi chiamarono per fissare un incontro a Saint Tropez dove erano diretti, per definire la scelta e la misura dell’anello”.

L’appuntamento venne fissato per il 22 agosto 1997 e sarebbe durato circa 20 minuti. Il gioiello era un po’ troppo largo per la principessa. Sarebbe stato difficile farlo modificare, in tempi brevi, gli esperti del settore erano in ferie, ma la coppia avrebbe insistito: “Mi chiesero di poter ritirare l’anello messo a misura dell’anulare della principessa per il 30 agosto, perché l’1 settembre dissero ci sarebbe stato un annuncio importante, un fidanzamento. L’anello andava ristretto e non era un modello facile…Presi l’impegno del riserbo…”. Dopo che l'anello venne consegnato al Ritz, il 30 agosto, se ne sarebbero perse le tracce.

Qualcuno ipotizza che possa essere stato riconsegnato alle sorelle di Diana quando arrivarono a Parigi per riportare a casa la salma della principessa. Tuttavia è impossibile dirlo con certezza. L’ultimo oggetto della principessa del Galles, forse il più importante, perché avrebbe dovuto aprirle le porte del futuro, sembrerebbe introvabile.

Un mistero, questo, che riflette l’incognita sul possibile matrimonio di Diana e Dodi e sull’avvenire della coppia se quella sera d’estate la loro auto non avesse urtato il tredicesimo pilone dell’Alma. Un destino che non conosceremo mai.

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