
Ma si parla anche di un possibile incontro fra il generale Than Shwe e la Nobel Aung San Suu Kyi, apparsa in tv

Gli ex detenuti politici raccontano che accade nei gulag del regime: "L’orrore si chiama “tik tok”, ti battono piano sulla tempia per ore, ogni giorno". I dirigenti dell’opposizione, rifugiati sul confine thailandese, raccolgono quotidianamente le testimonianze dal Paese in rivolta. "Finora hanno arrestato oltre 2mila persone"
Parla un bonzo birmano rifugiatosi tra i Karen: "Dobbiamo aver la forza di continuare perché la resa sarebbe la fine di ogni speranza". Il religioso buddhista racconta che le famiglie sono allo stremo: "L’unico leader che può guidare il Paese alla democrazia è il premio Nobel Aung San Suu Kyi"
Il colonnello Ner Dah, che guida la guerriglia karen: «Il nostro attacco dei giorni scorsi a ununità birmana ha dato fastidio, questa è la risposta»

La popolazione terrorizzata non esce di casa, i principali mercati sono chiusi: le strade presidiate dalle mitragliatrici dell'esercito. Nei monasteri sono rimasti soltanto i monaci anziani, gli altri sono tutti nelle prigioni del regime, più di mille sono detenuti nella sola capitale. Arriva l'inviato dell'Onu: "Lei qui non entra"
Tagliati i collegamenti internet, interrotte le linee telefoniche: dalle strade e dalle piazze non arrivano più immagini della repressione. Arrestati e deportati centinaia di monaci. Dissidi nei vertici militari e ammutinamenti fra le truppe. Guarda il video. Bush e Brown: isolare i generali. Putin: no a sanzioni
La sanguinaria dittatura manda i militari anche in un monastero: randellati a sangue ottocento monaci. Fotografo giapponese assassinato dalla polizia. Nei disordini di ieri uccisi altri nove dimostranti
I militari sparano sui manifestanti: otto morti, 150 feriti e 300 arresti. Torna in carcere anche il premio Nobel Aung San Suu Kyi. Il premier britannico Brown: "È finita l’epoca dell’impunità per chi viola i diritti umani". Sarkozy: "Boicottare la giunta"

In marcia sulla capitale la famigerata divisione che ventanni fa represse nel sangue la rivolta

Ahmadinejad parla alla Columbia University di New York. Il rettore nell’introduzione lo chiama "dittatore" e lui si offende. Il presidente iraniano cade nel ridicolo negando l’esistenza degli omosessuali nel suo Paese, ma ottiene il risultato voluto: i media danno spazio alle sue tesi